Cenni storici su Santa Marina
Articolo non firmato distribuito in forma di depliant dal Comune di Santa Marina qualche anno fa. Ho corretto qualche refuso.
S. Marina giace a nord-est sui fianchi della collina soprastante il Golfo di
Policastro e vi si accede dalla Provinciale n. 82 collegata con la Strada
Statale n. 18 a Policastro della strada comunale comunicante con S. Cristoforo o
con Vibonati.
Ha l'altezza di m. 415 sul livello del mare e dista sette chilometri dallo scalo
ferroviario, cioè dalla Frazione Policastro.
Da qualunque parte la si osservi, la natura è avvincente, sia che si vada verso
S. Cristoforo
o Vibonati sia che ci si inoltri verso Policastro.
Le fertili campagne sono ancora in gran parte coltivate ed i prodotti
ricercatissimi vengono forniti anche altrove.
Diamo qualche cenno al passato, che dovrebbe costituire per tutti un potente
stimolo all’azione con la sua carica di luce e di forza, la sua esperienza, le
sue lotte feconde.
Il passato ha preparato il presente, donde si parte animosi verso l’avvenire.
Al tramonto del VII secolo, durante la dominazione dei Greci, sotto gli
imperatori Leone Isaurico prima, e Costantino Capronico poi, alcune famiglie,
scampate alla persecuzione iconoclastica, si rifugiarono tra i monti del Cilento
stabilendovi le loro dimore,
Erano costruzioni in legno e pietre, più simili a capanne che a case.
Da questo primo agglomerato di misere dimore ebbe origine quel paese che, alcuni
secoli dopo, si chiamerà Santa Marina.
Queste famiglie, scampate alla tremenda persecuzione, edificarono in Santa
Marina una Chiesa che, ampliata e restaurata più volte,esiste tuttora.
Che questa Chiesa sia stata fondata dai Greci e che sia stata di rito greco fino
alla venuta dei Normanni nel 1034 è dimostrato dall’ubicazione della Chiesa
stessa, volta ad oriente, mentre quelle di rito Latiuo sono volte ad occidente,
e per i Santi che vi si venerano come S. Calogero eremita di Costantinopoli e
Santa Marina Vergine di Bitinia.
Molto probabilmente il nome del paese deriva proprio data devozione che gli
abitanti portavano, verso questi Santi e scelsero S. Marina.
Poiché questo rifugio non aveva diritto di Comune o di borgo, non poteva
costruire fortificazioni ma occorreva una possibilità di difesa, almeno
momentanea contro ladroni e corsari.
Le abitazioni furono, quindi, costruite sul lato est della collina accessibile
solo da una strada e furono ravvicinate, anche se c'era molto spazio a
disposizione per costruire.
Questa strada molto spesso era interrotta da scalinate e curve. Ognuna di queste
cure era governata da una finestra che guardava sul viottolo, da essa era facile
vietare l'accesso alle abitazioni poichè non più di due persone alla volta
potevano percorrere la via.
Dopo la distruzione di Buxentum, l'odierna Policastro, ad opera di Roberto il
Giuscarfo nell`anno 1065, gli abitanti di questa zona, scampati alla terribile
strage, andarono ad unirsi alla comunità esistente, ingrossandola.
E' in questo periodo che ha origine vera e propria Santa Marina..
Roberto il Guiseardo, distrutta Policagtro, diede impulso al borgo di Santa
Marina stabilendovi la sede di tutta la Contea ed istituendovi un tribunale per
l’amministrazione della giustizia con giurisdizione su tutti i paesi vicini.
Nel 1155 troviamo a capo della Contea un certo Simone, nipote della regina
Adalgisa, uno dei più potenti feudatari della Provincia di Salerno.
Questi, insieme ad Asclettino, cancelliere di Guglielmo I re di Sicilia, comandò
le milizie che mossero contro Papa Adriano IV e che, giunti a Ferentino sulla
via di Roma, dovettero ritornare precipitosamente a Santa Marina per domare
alcune rivolte dei signori Normanni che mal sopportavano il dominio.
Ma. il Conte Simone fu sospettato di doppio gioco con il ribelle Roberto di
Loretello fu incarcerato a Palermo e dopo qualche tempo liberato.
Appena liberato egli documentò che il doppio gioco lo aveva fatto Ascontino che
infatti morì nelle carceri di Palermo.
Ai tempi di San Francesco, in Santa Marina fu edificato un convento con annessa
Chiesa dedicata a S. Maria ai piedi della Croce, ancorra esistente.
A causa delle continue lotte presenti nel Golfo i Frati fiunno costretti ad
abbandonare Santa Marina, tale convento all'epoca del vaiolo che colpi le nostre
zone, per esigenza di spazio fu adibito a címitero.
La Chiesetta invece annessa a tale convento fu ampliata e tuttora esistente
presenta uno spettacolare Altare Maggiore in stile puramente Barocco.
Dal piazzale antistante la chiesetta si osserva il prmomntorio degli Infreschi,
da una parte, e dall’altra appaiono le colline degli Appennini, con le cime che
durante buona parte dell’inverno sono coperte di neve.
Il contrasto fra gli estesi uliveti investiti dalla tiepida brezza del mare e le
cime nevose è tra i più impressionanti.
Gli abitanti di Santa Marina costruirono il paese in posizione di difesa e in
modo che non fosse visto dal mare; Ma, questa necessaria precauzione non li
salvò dalla morte e dalla distruzione, avvenuta ad opera del Pascià Dragut Bassà
nell’anno 1502, secondo alcuni; altri (vedi Sinossi della Diocesi di Policastro
edita nel 1831) nel 1555, la domenica del 16 higlio, dopo essere sbarcato da 100
navi, la sera del giorno precedente, a
Marina dall'Olivo, località dove attualmente sorge il cimitero di Scario.
Dragut Bassà mise ìn catene e condusse a schiavitù gli abitanti, devastando e
incendiando i campi.
Tuttavia c'è qualche perplessità per tale avvenimento, perché ordinariamente gli
Ammiragli non si spingevano fuori dell'appoggio, delle navi e di più, per la
mancanza di comode strade, non era facile muoversi con rapidità e perseguire gli
scopi del saccheggio e delle distruzioni nel più breve tempo possibile.
Per spiegare questa contraddizione si potrebbe soltanto pensare che le case di
Santa Marina fossero costruire interamente in legno e che perciò Dragut sia
riuscito in una sola giornata a distruggere interamente l’abitato.
Alla fine del 1500, Santa Marina diviene sede del Conte Carafa, discendente di
una nobile famiglia napoletana.
L’emblema gentilizio dei Carafa era il seguente; uno stemma a forma di scudo con
tre fasce trasversali affiancato da due leoni rampanti che reggono un cerchio.
Tanto è stato possibile rilevare da una lapide che trovasi nella Chiesa di Santa
Croce, con questa iscrizione: Hic iacet corpus domini Francisci Carafa, primogenitus domini Fabritii comitis
polichastrensis, aetatis suae annis XXIV.
La data è 1685. E’ stato possibile rintracciare inoltre, sempre nella stessa
Chiesa, un’altra lapide con emblema gentilizio: scudo triangolare in campo ross,
attraversato da tre fasce orizzontali in argento ed una spina in nero, posta in
banda che attraversa il tutto.
Lo scudo è sorretto da due angeli. Altro emblema: livrea: panciotto rosso,
calzoni, calze e giubba in bianco, bottoni di argento dell’altezza di quattro
centimetri.
Quest'ultimo emblema trovasi, a colori, nel porticato dello stesso del Ccmte
Carafa in Capitello, ora sede di un Istituto educativo assistenziale.
Una. lapide in questo palazzo ricorda ed ammonisce: “Non t’alletti o pirata, il
bel terreno simbol di Carafe, perché una spina il guarda e s’impiagò beltà
divina, trafigger saprà meglio un mortal seno”.
La famiglia Carafa era divisa in due rami: i Carafa e i Carafa Spina.
Da qui la differenza dei due emblemi, Si dicono della Spina quelli del predicato
di Roccella, di Policastro e dì Traetto; della Stadera quelli del predicato di
Andria, di S. Lorenzo, di Noja e di Montecalvo.
Grandi furono i meriti dei Carafa.
Difatti essi portarono in Santa Marina ricchezza e splendore, fondando tribunale
e carceri e amministrando la giustizia su tutti i paesi vicini.
Ma non mancarmo di commettere abusi e soprusi sul popolo.
I Carafa abitarono l'ala estrema dello stesso palazzo di giustizia, tuttora
esistente in Santa Marina , anche se totalmente rimodernato e fatto ad
appartamenti, e spesso usarono dello jus prime noctis (diritto di prima notte)
concesso ai nobili dell’epoca.
Narra la leggenda che un figlio dei Carafa fu ucciso da un notaio, immigrato
calabrese, perché abusando della sua autorità e spalleggiato dai suoi servi,
tentò di sedurne laa moglie.
Il notaio, però, prima di essere catturato dai gendarmi del conte padre, riuscì
a rifugiarsi presso la famiglia Egineta che aveva avuto, dallo stesso Carlo V,
il privilegio del diritto di asilo.
Per cui lo strapotere dei Carafa dovette arrestarsi dai a tale insarmontabile
ostacolo ed il notaio, che aveva difeso il suo onore, non potette essere
processato.
Due sono le prove che attestano l’esistenza della famiglia Egineta in
quell'epoca a Santa Marina: una trovasi nella Chiesa principale del paese: una
pisside in argento, dono della ND. Teresa Egineta.
Un'altra prrova esiste in Santa Croce: trattasi di una lapide fimeraria
intestata a Franciscus Fatigati, amministratore della famiglia Egineta, morto
all'età di 71 anni il 19 aprile del 1861.
Dopo la morte del figlio la contessa Carafa lasciò Santa Marina, donando ai
poveri del paese parecchi ettari di terreno.
In seguito la nobiltà dei Carafa ebbe nuovi riconoscimenti della Commissione dei
Titoli di Nobiltà del Reame delle due Sicilia, con deliberazioni del
1834,1843,1850,1852 e 1860 per possesso di feudi con titoli, per eminenti uffici
disimpegnati nelle Chiesa, della quale occupò il più alto posto nella Gerarchia
(12 Cardinali e 26 Vescovi), nella milizia, nella diplomazìa e nel governo della
cosa pubblica, per il Granducato di Spagna, per alte onorificenze cavalleresche
e per l’aggregazione della nobiltà di Bari, di Benevento, di Lucera e Tropea.
Il più conosciuto e stimato tra i cardinali della famiglia Carafa, fu
Alessandro, Arcivescovo di Napoli.
Tra i Carafa vissuti a Santa Marina, bisogna annoverare anche il Cardinale
Giampietro Carafa, eletto Papa all'età di 79 anni col nome di Paolo IV. Ma il
suo pontificato fu talmente triste e funesto che, alla sua morte, il suo corpo
fu gettato, a furor di popolo, nel Tevere. Era l’anno 1559.
Solo Santa Marina, tra i paesi della zona, favorì la spedizione di Carlo
Pisacane, con uomini e vettovaglie, e tale Maccarone Domenico si unì ai Trecento
e venne poi, dopo la cattura, processato e incarcerato.
Anche durante l’Epopea Garibaldina giovani di Santa Marina accorsero ad
infittire le fila dell’”Eroe dei Due Mondi”.
Alla Patria Santa Marina offrì la vita di 24 giovani che s’immolarono sul Carso
e sul Piave. Ovunque i figli di Santa Marina si sono distinti per valore e per
spirito di sdacrificio, dall?Eritrea alla Grecia, dalla Tripolitania alla
Russia.
Durante il ventennio Fascista, per ben 17 anni, Santa Marina, fu privata della
sede Comunale che da oltre un millennio possedeva. Il popolo si sollevò per
impedite tale ingiustizia e, in quella occasione quasi tutto l’archivio,
contenente documenti storici, venne distrutto.
Un apparato di forze, valutato ad oltre 300 uomini tra polizia e carabinieri,
sparò sulla folla inerme, ferendo parecchi cittadini.
Poi, col passare degli anni, Santa Marina, come tutti i paesi vicini, decadde e,
di quella che fu uno dei centri propulsori dell’intero Cilento, rimane oggi,
come mille anni fa, un agglomerato di case, rose e screpolate dal tempo.
Ma sono sicuro che, malgrado il rilassamento dei costumi, l’indifferenza in
materia religiosa, le idee e le teorie paradossali, i giovani di Santa Marina,
memori del loro passato splendore, troveranno la forza per rinverdire gli
antichi allori.
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